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domingo, 19 de agosto de 2018

Catalá, dialecte provenzal

"Le catalán qui n'est qu'un dialecte provenzal transporté en Espagne au VIII siècle, pénétra de plus en plus vers le Sud pendant la lutte des rois d'Aragón contre les Arabes."
Meyer-Lübke: Grammaire des langues romanes, 1890.



Meyer-Lübke: Grammaire des langues romanes, 1890

"Il catalano é un dialetto provenzale, parlato nei Pirenei Orientali nella Spagna del secolo ottavo"
Luigi De Rose: Dizionario storico della terra di Calabria, 2012.



 


Luigi De Rose non è nuovo a operazioni culturali del genere, poiché nel 2004 pubblicò il volume Le dominazioni in Calabria – analisi storico linguistica. Ora si cimenta con quest’altro lavoro storico-linguistico che parte dalla Calabria per approdare, come il precedente, al suo paese natale:

Rose, a cui l’Autore è legato da vincoli di affetto straordinari. Rose è un piccolo paese presilano che si affaccia a terrazza, quasi una roccaforte, sul sottostante piano della valle media del Crati. La sua lingua, ose vogliamo il suo dialetto, proprio per la sua posizione geografica, si è ben conservato nel tempo, anche se, come fa notare De Rose, negli ultimi quarant’anni ha subito l’influenza di Cosenza.

La velocità delle comunicazioni ha sicuramente determinato un cambiamento linguistico, come ad esempio (è sempre De Rose a sottolinearlo) la vocale “o”, molto insistente nel lessico rosetano, si è lentamente trasformata in “a”; ma è ancora riscontrabile nella parlata di qualche anziano.

Ora, per quanto ben conservata, una lingua non è un organismo statico, è in continuo movimento ed evoluzione. De Rose ne è così consapevole che in questo suo pregevole studio linguistico ha avvertito la necessità di aggiungere l’aggettivo “storico” al sostantivo “dizionario”. Egli è inoltre consapevole che il dialetto non è “una degenerazione della lingua italiana”(cfr. p.7), se è vero che la nostra lingua attuale derivi dal fiorentino; certo un fiorentino nobilitato dai grandi scrittori toscani del Trecento,


 

Catalá, dialecte provenzal

"Le catalán qui n'est qu'un dialecte provenzal transporté en Espagne au VIII siècle, pénétra de plus en plus vers le Sud pendant la lutte des rois d'Aragón contre les Arabes."
Meyer-Lübke: Grammaire des langues romanes, 1890.



Meyer-Lübke: Grammaire des langues romanes, 1890

"Il catalano é un dialetto provenzale, parlato nei Pirenei Orientali nella Spagna del secolo ottavo"
Luigi De Rose: Dizionario storico della terra di Calabria, 2012.



 


Luigi De Rose non è nuovo a operazioni culturali del genere, poiché nel 2004 pubblicò il volume Le dominazioni in Calabria – analisi storico linguistica. Ora si cimenta con quest’altro lavoro storico-linguistico che parte dalla Calabria per approdare, come il precedente, al suo paese natale:

Rose, a cui l’Autore è legato da vincoli di affetto straordinari. Rose è un piccolo paese presilano che si affaccia a terrazza, quasi una roccaforte, sul sottostante piano della valle media del Crati. La sua lingua, ose vogliamo il suo dialetto, proprio per la sua posizione geografica, si è ben conservato nel tempo, anche se, come fa notare De Rose, negli ultimi quarant’anni ha subito l’influenza di Cosenza.

La velocità delle comunicazioni ha sicuramente determinato un cambiamento linguistico, come ad esempio (è sempre De Rose a sottolinearlo) la vocale “o”, molto insistente nel lessico rosetano, si è lentamente trasformata in “a”; ma è ancora riscontrabile nella parlata di qualche anziano.

Ora, per quanto ben conservata, una lingua non è un organismo statico, è in continuo movimento ed evoluzione. De Rose ne è così consapevole che in questo suo pregevole studio linguistico ha avvertito la necessità di aggiungere l’aggettivo “storico” al sostantivo “dizionario”. Egli è inoltre consapevole che il dialetto non è “una degenerazione della lingua italiana”(cfr. p.7), se è vero che la nostra lingua attuale derivi dal fiorentino; certo un fiorentino nobilitato dai grandi scrittori toscani del Trecento,


 

Catalá, dialecte provenzal

"Le catalán qui n'est qu'un dialecte provenzal transporté en Espagne au VIII siècle, pénétra de plus en plus vers le Sud pendant la lutte des rois d'Aragón contre les Arabes."
Meyer-Lübke: Grammaire des langues romanes, 1890.



Meyer-Lübke: Grammaire des langues romanes, 1890

"Il catalano é un dialetto provenzale, parlato nei Pirenei Orientali nella Spagna del secolo ottavo"
Luigi De Rose: Dizionario storico della terra di Calabria, 2012.



 


Luigi De Rose non è nuovo a operazioni culturali del genere, poiché nel 2004 pubblicò il volume Le dominazioni in Calabria – analisi storico linguistica. Ora si cimenta con quest’altro lavoro storico-linguistico che parte dalla Calabria per approdare, come il precedente, al suo paese natale:

Rose, a cui l’Autore è legato da vincoli di affetto straordinari. Rose è un piccolo paese presilano che si affaccia a terrazza, quasi una roccaforte, sul sottostante piano della valle media del Crati. La sua lingua, ose vogliamo il suo dialetto, proprio per la sua posizione geografica, si è ben conservato nel tempo, anche se, come fa notare De Rose, negli ultimi quarant’anni ha subito l’influenza di Cosenza.

La velocità delle comunicazioni ha sicuramente determinato un cambiamento linguistico, come ad esempio (è sempre De Rose a sottolinearlo) la vocale “o”, molto insistente nel lessico rosetano, si è lentamente trasformata in “a”; ma è ancora riscontrabile nella parlata di qualche anziano.

Ora, per quanto ben conservata, una lingua non è un organismo statico, è in continuo movimento ed evoluzione. De Rose ne è così consapevole che in questo suo pregevole studio linguistico ha avvertito la necessità di aggiungere l’aggettivo “storico” al sostantivo “dizionario”. Egli è inoltre consapevole che il dialetto non è “una degenerazione della lingua italiana”(cfr. p.7), se è vero che la nostra lingua attuale derivi dal fiorentino; certo un fiorentino nobilitato dai grandi scrittori toscani del Trecento,


 

domingo, 12 de agosto de 2018

La imposible frontera catalano-valenciana

La imposible frontera catalano-valenciana
El espíritu de Reconquista sólo se produce allí donde los cristianos y musulmanes tienen fronteras comunes. Navarra, a partir del siglo XII, perdió su confrontación con los musulmanes y así perdió su espíritu reconquistador. Es evidente que luchará contra los musulmanes. Pero motivada por otros resortes, principalmente religiosos.

El problema de la frontera catalana me lo planteaba recientemente el Prof. Dr. David Romano (Universidad de Barcelona). Su argumentación resulta convincente. Es esta, principalmente.
La documentación de las encomiendas catalanas de los Hospitalarios situadas al Norte del Ebro se conserva en el Archivo de la Corona de Aragón, en Barcelona. La de las situadas al Sur (Orta de San Juan y Amposta) estaba en el Archivo de San Juan de los Panetes, de Zaragoza, y luego la pasaron al Archivo Histórico Nacional de Madrid. Luego estas tierras del Sur del Ebro -hoy catalanas- durante la Edad Media estaban integradas en el reino de Aragón.
El tema puede interesar indirectamente a la Historia valenciana. Y voy a dedicarle las páginas siguientes.
El año 1149 Guillén de Belmes era “maestre en Aragón y en Barcelona”, en la orden de los Hospitalarios. El 1154 se documenta por vez primera un “mestre en Amposta”, lo que -según Miret i Sans- supone la separación administrativa de los hospitalarios aragoneses y catalanes. Pero en 1177 Amposta pasa a convertirse en la sede más importante de los Hospitalarios de la Corona de Aragón, con una reorganización administrativa mal conocida, bajo el mandato del maestre Pedro López de Luna (1177-1179).
Los hospitalarios poseyeron Amposta hasta que el rey Pedro III, en el año 1280 les cambió esta posesión por Gallur y Onda. Y a mediados del siglo XIV se segregó el priorato de Cataluña de las castellanía de Amposta; entonces los antiguos castellanes se asentaron en Zaragoza.
Dicho de otra manera. Desde 1177 hasta 1280 Amposta aparece vinculada a Aragón, donde se refugiarían sus maestres cuando entreguen tal población a Pedro III de Aragón. Lo que puede presuponer que la mayor parte de las tierras entre el Ebro y el río Cenia -hoy catalanas- fueron a finales del siglo XII y casi todo el siglo XIII aragonesas. Y que, por lo tanto, Cataluña y Valencia no tuvieron límites comunes en los momentos de conquista y creación del reino cristiano de Valencia.
Fon: Dos actitudes ante la reconquista de Valencia (Antonio Ubieto Arteta, Temas Valencianos Ed. Anubar, 1977)

La imposible frontera catalano-valenciana

La imposible frontera catalano-valenciana
El espíritu de Reconquista sólo se produce allí donde los cristianos y musulmanes tienen fronteras comunes. Navarra, a partir del siglo XII, perdió su confrontación con los musulmanes y así perdió su espíritu reconquistador. Es evidente que luchará contra los musulmanes. Pero motivada por otros resortes, principalmente religiosos.

El problema de la frontera catalana me lo planteaba recientemente el Prof. Dr. David Romano (Universidad de Barcelona). Su argumentación resulta convincente. Es esta, principalmente.
La documentación de las encomiendas catalanas de los Hospitalarios situadas al Norte del Ebro se conserva en el Archivo de la Corona de Aragón, en Barcelona. La de las situadas al Sur (Orta de San Juan y Amposta) estaba en el Archivo de San Juan de los Panetes, de Zaragoza, y luego la pasaron al Archivo Histórico Nacional de Madrid. Luego estas tierras del Sur del Ebro -hoy catalanas- durante la Edad Media estaban integradas en el reino de Aragón.
El tema puede interesar indirectamente a la Historia valenciana. Y voy a dedicarle las páginas siguientes.
El año 1149 Guillén de Belmes era “maestre en Aragón y en Barcelona”, en la orden de los Hospitalarios. El 1154 se documenta por vez primera un “mestre en Amposta”, lo que -según Miret i Sans- supone la separación administrativa de los hospitalarios aragoneses y catalanes. Pero en 1177 Amposta pasa a convertirse en la sede más importante de los Hospitalarios de la Corona de Aragón, con una reorganización administrativa mal conocida, bajo el mandato del maestre Pedro López de Luna (1177-1179).
Los hospitalarios poseyeron Amposta hasta que el rey Pedro III, en el año 1280 les cambió esta posesión por Gallur y Onda. Y a mediados del siglo XIV se segregó el priorato de Cataluña de las castellanía de Amposta; entonces los antiguos castellanes se asentaron en Zaragoza.
Dicho de otra manera. Desde 1177 hasta 1280 Amposta aparece vinculada a Aragón, donde se refugiarían sus maestres cuando entreguen tal población a Pedro III de Aragón. Lo que puede presuponer que la mayor parte de las tierras entre el Ebro y el río Cenia -hoy catalanas- fueron a finales del siglo XII y casi todo el siglo XIII aragonesas. Y que, por lo tanto, Cataluña y Valencia no tuvieron límites comunes en los momentos de conquista y creación del reino cristiano de Valencia.
Fon: Dos actitudes ante la reconquista de Valencia (Antonio Ubieto Arteta, Temas Valencianos Ed. Anubar, 1977)

La imposible frontera catalano-valenciana

La imposible frontera catalano-valenciana
El espíritu de Reconquista sólo se produce allí donde los cristianos y musulmanes tienen fronteras comunes. Navarra, a partir del siglo XII, perdió su confrontación con los musulmanes y así perdió su espíritu reconquistador. Es evidente que luchará contra los musulmanes. Pero motivada por otros resortes, principalmente religiosos.

El problema de la frontera catalana me lo planteaba recientemente el Prof. Dr. David Romano (Universidad de Barcelona). Su argumentación resulta convincente. Es esta, principalmente.
La documentación de las encomiendas catalanas de los Hospitalarios situadas al Norte del Ebro se conserva en el Archivo de la Corona de Aragón, en Barcelona. La de las situadas al Sur (Orta de San Juan y Amposta) estaba en el Archivo de San Juan de los Panetes, de Zaragoza, y luego la pasaron al Archivo Histórico Nacional de Madrid. Luego estas tierras del Sur del Ebro -hoy catalanas- durante la Edad Media estaban integradas en el reino de Aragón.
El tema puede interesar indirectamente a la Historia valenciana. Y voy a dedicarle las páginas siguientes.
El año 1149 Guillén de Belmes era “maestre en Aragón y en Barcelona”, en la orden de los Hospitalarios. El 1154 se documenta por vez primera un “mestre en Amposta”, lo que -según Miret i Sans- supone la separación administrativa de los hospitalarios aragoneses y catalanes. Pero en 1177 Amposta pasa a convertirse en la sede más importante de los Hospitalarios de la Corona de Aragón, con una reorganización administrativa mal conocida, bajo el mandato del maestre Pedro López de Luna (1177-1179).
Los hospitalarios poseyeron Amposta hasta que el rey Pedro III, en el año 1280 les cambió esta posesión por Gallur y Onda. Y a mediados del siglo XIV se segregó el priorato de Cataluña de las castellanía de Amposta; entonces los antiguos castellanes se asentaron en Zaragoza.
Dicho de otra manera. Desde 1177 hasta 1280 Amposta aparece vinculada a Aragón, donde se refugiarían sus maestres cuando entreguen tal población a Pedro III de Aragón. Lo que puede presuponer que la mayor parte de las tierras entre el Ebro y el río Cenia -hoy catalanas- fueron a finales del siglo XII y casi todo el siglo XIII aragonesas. Y que, por lo tanto, Cataluña y Valencia no tuvieron límites comunes en los momentos de conquista y creación del reino cristiano de Valencia.
Fon: Dos actitudes ante la reconquista de Valencia (Antonio Ubieto Arteta, Temas Valencianos Ed. Anubar, 1977)